Chi ha percorso un cammino, di pochi giorni o di settimane, lo sa: un cammino ti cambia.
Non all’improvviso, non per tutti allo stesso modo. Ma ti cambia.
All’inizio il corpo fa le bizze. Le gambe protestano, i piedi si lamentano, c’è un unico pensiero :“Ma chi me l’ha fatto fare?”
Ma poi, un giorno ti accorgi che qualcosa è cambiato : il respiro è stabile, la fatica sembra minore, anche le gambe fanno meno male, forse perché iniziano a ricordare cosa significa muoversi davvero. E si inizia a stare meglio perché la cosa bella di un cammino è che non ti obbliga a niente. Non ti chiede di essere diverso, di risolverti, di uscirne trasformato. Ti accompagna e basta. Ti guarda camminare senza giudicare. Ti lascia essere come sei: incerto, stanco, confuso, arrabbiato, triste.
All’inizio è solo il corpo che risponde: il respiro che si stabilizza, la fatica che diventa ritmo. Poi, quasi senza accorgersene, è la mente che si alleggerisce, e infine il cuore che si apre. E non c’è bisogno di grandi rivelazioni: basta quel senso di sollievo, quella lucidità improvvisa, quel piccolo spazio interiore che si fa più largo. Non sempre si inizia un cammino per un motivo preciso: per la voglia di provare, o per una vaga inquietudine, o perché qualcosa dentro di noi ci dice che quello è il momento giusto per partire.
Alla fine ci sarà una certezza: camminare cura davvero e, a volte, per ritrovare la strada, bisogna proprio mettersi in strada.






